a cura di: Dott. Gianfranco Sindaco
Cos’è il dolore?
Il miglior “incipit”, ma anche “viatico” con cui provare a rispondere a questa domanda, è un’affermazione tratta dalle lezioni del famoso chirurgo, Prof. Rene Leriche, al College de France nel 1936:
“Il dolore è presente ogni giorno nel corpo di ciascuno di noi, e di esso sappiamo poche cose soltanto. Evidentemente, il dolore è un fenomeno in sé del tutto soggettivo, che l’osservatore esterno non riesce ad afferrare. Tuttavia, la medicina stessa lo ha forse studiato, come è solita fare con le cose morte, procedendo troppo esclusivamente per autopsie e sezioni microscopiche. Tra l’idea che ci costruiamo del dolore e la realtà rimane pertanto ancora inesplorata l’intera zona, sita ai margini, degli apporti di ciò che è individuale”
R. Leriche da Chirurgie de la Doleur
Nocicezione e dolore
Oggi, con l’evoluzione delle neuroscienze, le parole di Leriche sul dolore sono ancora attuali?
Il dolore in questo secolo, è stato sempre studiato dal punto di vista della modificazione dell’informazione nocicettiva.
Il noto fisiologo Schiff Sherrington coniò il termine nocicezione ai primi del 900 (Sherrington and Woodworth 1904) ed oggi è definita come: “Il processo, essenziale alla sopravvivenza, di codifica neurale (ricezione, trasmissione ed elaborazione centrale) di uno stimolo nocivo (Tracey 2013)”.
Che l’attività nocicettiva possa evocare l’esperienza del dolore è ormai un dato di fatto ampiamente confermato con diversi approcci sperimentali (Basbaum et al., 2009; Woolf and Salter, 2000; Meyer et al, 2006, Texbook of pain).
La “Pain Science” ha inoltre generato una quantità vastissima di informazioni sui meccanismi di ricezione, trasduzione e processazione spinale e corticale dei segnali nocicettivi, sia del dolore acuto che cronico.
Si può dire che si è imposto un paradigma scientifico che conferma anche il buon senso: il dolore è la risposta che si attiva quando i tessuti sono in pericolo (nocicezione), che è come dire: Dolore = Stato di salute dei tessuti; quando ciò non avviene, sarebbe solo perché la patologia non ha ancora attivato i nocicettori (es: tumore).
Eppure, è anche esperienza diretta e comune, che i nocicettori si possano attivare senza l’esperienza del dolore: sono tutti d’accordo che applicando 50 kg su 1 cm quadro di pelle si evocherebbe dolore severo, ma una ballerina classica con scarpe a punta lo fa continuamente per diverse ore, riportando esperienze emozionali positive, mentre i suoi nocicettori delle dita sono sicuramente attivi; quindi almeno i ballerini esperti riescono a dissociare l’esperienza del dolore dalla nocicezione!
Ma cosa ci dice la letteratura scientifica a riguardo?
Ci dice che c’è un’associazione molto debole tra severità del quadro radiologico dell’osteoartrosi della colonna (come del ginocchio e dell’anca) e la sintomatologia dolorosa; questo non ci deve meravigliare, poiché va in accordo con l’esperienza ambulatoriale in cui vediamo molte persone avere queste alterazioni, senza sintomi dolorosi rilevanti.
Sappiamo però che il quadro radiologico non è il gold standard dell’imaging, e per chiarire problemi clinici ci rivolgiamo sempre più spesso alla RMN (risonanza magnetica nucleare).
Allora cosa ci dice la letteratura sulla RMN?
In realtà già nel 1994 sul New England Journal of Medicine si evidenziò che su 98 soggetti asintomatici solo il 36 % aveva dischi normali a tutti livelli, il 52 % aveva un bulging ad 1 livello, il 27 % aveva una protrusione e l’1% un’ernia ad 1 livello, il 38 % aveva anormalità a più di un livello, il 14% alterazioni dell’anulus e l’8% artropatia faccettaria (2). Lavori più recenti confermano questo dato.
D’altronde, se guardiamo la definizione IASP del dolore:
“Spiacevole-Esperienza-Sensoriale ed Emozionale associata ad un Danno tessutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”
non vi è traccia della parola nocicezione, ma solo un’associazione al danno, che può anche essere solo “descritto in termini” tali.
Il dolore quindi per la IASP non è la nocicezione; la nocicezione non è né necessaria né sufficiente a causare dolore, eppure è un fenomeno essenziale per la sopravvivenza; come si armonizzano queste due affermazioni?
Molti scienziati che si occupano di dolore si dimenticano che noi passiamo la maggior parte della nostra vita senza dolore, ma anche senza lesioni tissutali. Questo avviene proprio per l’attivazione dei nocicettori, non essendoci nessun altro sistema neuronale preposto a proteggere il nostro corpo. Un’attività nocicettiva in assenza di dolore sembra una cosa normale e necessaria a mantenere l’integrità corporea.
Un’utile analogia per capire è la visione.
C’è evidenza sperimentale che larga parte del campo visivo non entri a far parte della nostra esperienza cosciente visiva (subcosciente) eppure la percezione visiva è un “tutt’uno”, senza soluzione di continuità e in cui le parti non sono fisicamente presenti. Esistono evidenze per cui addirittura l’attivazione della corteccia visiva primaria non basti per avere l’esperienza cosciente visiva (sia subcosciente), ma sia necessario un controllo top-down dalle cortecce frontali (Dehaene and Changeux, 2011). Un controllo simile sembra necessario anche per il dolore.
In sintesi:
- Il controllo nocicettivo del comportamento avverrebbe, per la maggior parte, in assenza di dolore, che essendo un’esperienza cosciente, renderebbe il controllo nocicettivo di tipo “sub-cosciente”,
- L’attività subconscia dei nocicettori modificherebbe il comportamento continuamente, perché anche il più comune repertorio di movimenti richiederebbe la nocicezione per evitare il danno,
- Il comportamento motorio nella sua globalità sarebbe continuamente inibito dai nocicettori,
- L’attività nocicettiva subcosciente apporterebbe al repertorio consolidato di movimento un’informazione contingente atta a proteggere i tessuti. Quindi, la recente interpretazione della nocicezione sarebbe di un processo fisiologico fondamentale alla sopravvivenza che avrebbe in assenza di percezione del dolore!

Il dolore non è un segnale d’allarme, ma è il fallimento del meccanismo (l’attività nocicettiva) preposta ad evitare un danno. Il dolore (acuto) è quindi il passaggio dall’attività subcosciente dei nocicettori all’esperienza cosciente di spiacevolezza. Una volta che l’esperienza dolorosa è in atto, il meccanismo di avversione ha fallito o sta per fallire.
Da questo momento il repertorio comportamentale è spostato a minimizzare il danno ritraendo l’organismo dall’ambiente che ha il potenziale pericolo, per proteggerlo e promuoverne la guarigione e creare memoria associativa dell’evento (anche sub-cosciente) che medierà nuovi scenari di avversione (ciò che consideriamo nocivo).
In sintesi: il dolore acuto è quell’esperienza cosciente che focalizza la nostra attenzione in modo assoluto ed è sentita come spiacevole e severamente minacciante, scatenata da eventi (interni o esterni) aventi alta “salienza” e cioè a cui è stato attribuito un valore di pericolo per l’integrità e la propria salvaguardia, basandosi sulle memorie emotive (inconscie), biografiche (conscie) e pregresse (acquisite), anche molto precoci (i primi anni di vita…) o selezionate dalla pressione evolutiva sin dai primordi (innate).
In accordo con il costrutto di Melzack della” body-self neuromatrix”, il dolore quindi è una risposta, ma non l’unica; ci sono altre risposte che si attivano quando l’organismo ha una percezione (soggettiva) della pericolosità di uno stimolo o situazione, che sono:
Programmi di azione
- Risposta motoria riflessa (rifl. evitamento)
- Risposta motoria involontaria (urlo, pianto, posture, etc..)
- Risposta motoria volontaria (comp. di evitamento)
Programmi di risposta allo stress
- Risposta immunitaria
- Risposta endocrina
- Risposta autonomica
Queste risposte sono tutte utili ed adattative se sono proporzionali allo stimolo e durano poco; ma una sproporzionata valutazione del pericolo, può innescare risposte maladattative croniche, che possono sfociare in sindromi disfunzionali e in dolore patologico.
Dolore fisiologico e patologico
Il celebre neurobiologo C.J. Woolf distingue tre tipi di dolore:
- Esiste un dolore che agisce come un sistema fisiologico di allarme protettivo precoce: è il dolore fisiologico di tipo nocicettivo, “..danno potenziale” della definizione, e promuove comportamenti atti evitare la lesione.
- Esiste un tipo di dolore tardivo, che è adattativo e protettivo: è il dolore fisiologico di tipo infiammatorio, “..danno attuale” della definizione, e promuove comportamenti atti alla guarigione della lesione.
- Esiste un dolore che non è protettivo, ma maladattativo: è il dolore patologico, “..descritta in termini di tale danno”.
Per usare un’analogia, se il dolore fosse un allarme antincendio: il dolore nocicettivo sarebbe attivato solo dalla presenza di calore intenso (…potenziale), il dolore infiammatorio sarebbe attivato da temperature calde (..attuale) e il dolore patologico sarebbe un falso allarme causato dal malfunzionamento del sistema stesso.