L’esistenza del dolore nella sindrome dell’arto fantasma

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Dolore e sindrome dell’arto fantasma:
cos’è, come funziona e quali sono le possibili terapie

sindrome arto fantasma


Il dolore dell’arto fantasma è un ambito affascinante e controverso; la percezione è molto particolare ma realmente sentita. Si tratta di un dolore al livello dell’arto oggetto di amputazione, in altre parole il paziente lo percepisce da una parte del corpo che non c’è più.
Seppur la percezione del dolore -al livello somatico- sia periferica, in quanto riferita alla parte interessata, il dolore -al livello neuronale- è centrale ed in particolare interessa alcune aree corticali e parte del sistema limbico.
Nello specifico, tutte le strutture che collaborano nella percezione del dolore, passano in una particolare area del cervello, collocato nel lobo temporo-mediale.

Stiamo parlando della zona limbica, un sistema che comprende:

  • le strutture mesencefaliche,
  • diencefaliche,
  • telencefaliche,
  • la regione settale,
  • la regione preottica,
  • ipotalamo,
  • parte del talamo,
  • l’area tegmentale ventrale,
  • il giro del cingolo,
  • il giro paraippocampico,
  • ippocampo,
  • amigdala,
  • la corteccia olfattiva

ed è interessato nelle seguenti attività:

  • integrazione dell’olfatto
  • memoria a breve termine
  • elaborazione delle emozioni
  •  autocoscienza
  • produzione ormonale
  • stati umorali

Seppur questo tipo di dolore non possiede un’unica via nella procedura terapeutica, è un argomento molto centrale della medicina del dolore.
Alcuni farmaci e tecniche terapeutiche provocano una riduzione dello stimolo di dolore percepito al livello cerebrale, un esempio è la radiofrequenza pulsata centrale, o tecniche di rieducazione funzionale e terapie cognitivo comportamentali.

Tra le diverse modalità di trattamento della percezione dell’arto fantasma, vi è la mirror terapy, all’interno di una scatola il paziente va ad infilare il “braccio” ed allo specchio vede prender vita il suo arto fantasma, affinché prendendo visione della parte del corpo e del dolore provato, riesca a sviluppare una certa consapevolezza e dunque a rimodulare le sensazioni percepite.

Si tratta di un trick the brain, una terapia attraverso la quale si inganna il cervello affinché percepisca la sensazione che stia lavorando; in questo caso il paziente percepisce allo specchio di avere due braccia.

Un’altra modalità, che sta prendendo sempre più piede, è la realtà virtuale, il cui fine è di abbassare la percezione del dolore, attivando la corteccia cerebrale -nel punto di interesse- e facilitando l’esperienza del dolore, al fine di rimodulare la percezione del dolore stesso.

Possiamo concludere che la percezione del dolore può essere probabilmente la stessa anche dopo trattamenti mirati di questo tipo ma l’impatto che questi trattamenti possono avere sulla consapevolezza della propria problematica, la gestione di questa in correlazione con la vita privata, intima e sociale, può essere ben diversa. In termini generali attraverso questi trattamenti, l’impatto sulle normali attività quotidiane, su stessi e sulla qualità di vita stessa, può migliorare.

L’equipe di Medicina del Dolore, al fine di rendere questi obiettivi di primaria importanza nel trattamento del dolore all’arto fantasma, ha cercato un linguaggio comune, in cui tutti i membri dell’equipe si sono impegnati nel trovare la migliore formula possibile funzionante in primis tra i membri dell’equipe stessa e in un secondo momento funzionante per il paziente.

I successi algologici a volte sono più lunghi, più difficili e più complessi ma molto importanti nel condurre una vita che abbia una qualità simile a quella che c’era prima dell’inizio della malattia dolore.

Un problema ancora impattante è che la malattia dolore non è riconosciuta al livello sociale, nel senso che non tutti gli ambiti sociali valutano che la malattia dolore non è solo percepita attraverso un danno percettivo e psicologico ma anche sociale.
Questo scaturisce dall’erronea convinzione che il dolore è un sintomo e non ha una dignità a sé stante secondo quanto corroborato finora e in questo l’algologia e l’equipe di Medicina del Dolore stanno provando a cambiare questa concezione.